IL SERVO DI DIO DON TONINO BELLO

È con immensa gioia che ho appreso dell’apertura del processo di canonizzazione del nostro amato Vescovo
Don Tonino Bello, vissuto fra noi con gli stessi sentimenti del Buon Pastore.
Grande cultura, soprattutto grande cultura della pace e dell’amore, poiché pace ed amore procedono di pari passo, illuminati dal faro della giustizia. Grande capacità di trasmettere il messaggio evangelico, non con gli artifici dell’oratore consumato, ma con la forza e l’energia dell’innamorato di Dio, dell’uomo orante, del poeta consumato dall’amore per una donna eccezionale, Maria. Grande capacità di tessere reti larghe di solidarietà
verso gli ultimi, quelli che lui chiamava per nome e ai quali dedicava pagine tenerissime e struggenti, o ai quali si indirizzava col termine di “drop out”, che se dà l’idea di qualcosa di lontano da noi, di esotico, di forestiero, in realtà dà esattamente il polso della situazione reale: noi preferiamo stare lontano dagli emarginati ma vicino ai benestanti o nei loro immediati paraggi. Pur quando ne incontriamo qualcuno di cui conosciamo il nome, poniamo fra noi e lui il separè della condizione economica e dello status sociale o culturale. Lontano dai poveri, prossimi ai ricchi e potenti: è la parabola discendente (e decadente) del cattolicesimo praticante, mentre si fa sfoggio del cattolicesimo teorizzante.
Don Tonino rivoluzionò (non senza incomprensioni) taluni schemi, preferendo a certo teologismo ed alle varie cattedre, ai tepori parrocchiali e alle stagnazioni della Parola, quella messa quotidiana che si tramuta miracolosamente in pane e vino, in qualcosa (o in Qualcuno) di tangibile e vivo, e che comincia e si manifesta esattamente nell’attimo stesso in cui si esce dal tempio per andare nelle piazze del mondo, per percorrere le vie del paese, per entrare nelle case e nei luoghi di lavoro dove si fa concreta esperienza dei diuturni sacrifici, delle apprensioni, delle speranze e delle gioie delle persone umane. Chi chiamiamo prossimo nelle nostre chiese, ha in realtà sempre un nome, cognome ed indirizzo. Se vogliamo, possiamo incontrarci con lui, parlargli, fugare i dissidi, amarci, capirci. Don Tonino era consapevole di questo, ed in lui fu profondamente presente ed operante la cultura dell’accoglienza. Accolse i poveri ed i senza tetto nel palazzo vescovile, li ospitò, sottraendoli per qualche tempo agli ospizi della società e della storia umana, luoghi dove spesso si avvertono i morsi della più cocente solitudine ed assenza di speranza, il vero cancro della nostra epoca ammattita. Accolse anche i senza Dio, i non credenti, gli agnostici, o i cercatori di Dio, non imponendo il suo punto di vista ma cercando sempre un dialogo che, nella sua più esatta accezione, è riconoscimento di me nell’altrui esperienza vitale, e dell’altro nella mia personale esperienza di vita. Non c’è una verità da imporre, semmai c’è una verità che si svela progressivamente, che si rende amabile con gli esempi, gli sguardi, le parole. Come ha ben scritto Sua Santità Benedetto XVI nell’ultima enciclica “Spe Salvi” a proposito del Purgatorio e dei suffragi, l’uomo non è una monade, non è un isola, noi tutti siamo legati gli uni agli altri in modo spirituale, quindi in modo semmai più solido e vero. È un legame robusto e duraturo che continua anche dopo la soglia della morte biologica, per cui nessuno è mai solo e nessuno è mai perduto per sempre.
Questa “logica” fu applicata da Don Tonino, del quale avvertiamo ancora oggi, anzi oggi più che mai, la presenza, sperimentandone l’amore e la potente intercessione. Chi lo ha conosciuto era già certo della sua santità. Ben lo sapeva questa Comunità parrocchiale del SS. Redentore, da lui tante volte visitata ed amata,

La Chiesa in cammino verso il Redentore (particolare dell’abside - G. Valerio 2004)


che nel 2002 volle fosse immortalato dall’abile mano del pittore Gaetano Valerio in uno dei due grandi dipinti dell’area absidale, in compagnia della Vergine Maria, di S. Biagio e S. Cleto, di S. Pietro clavifero, dei Santi
Giovanni e Giacomo. Egli vi compare in atteggiamento di profonda umiltà, sorridente, amabile come sempre.
Forse fu facile preveggenza, ma dobbiamo comunque esserne grati a Don Vincenzo, il quale si è “arrischiato”,
ha scommesso sulla santità di Don Tonino anni prima che la Chiesa aprisse l’iter che lo porterà agli onori degli altari, speriamo molto presto. Il SS. Redentore, così, è la prima chiesa che ospita un fedele ritratto del Servo
di Dio Mon. Antonio Bello. Bisogna andarne legittimamente ed umilmente fieri.
Al Servo di Dio, che fu apostolo e testimone dell’amore di Dio per noi, chiediamo la grazia di amare senza misura, senza calcoli, senza egoismo; di essere rinnovati nella fede, nella speranza, nella carità; di intercedere per i nostri bisogni spirituali, morali e materiali, certi di essere da lui ascoltati così come soleva fare quando, ancora in vita, ci incontrava, rivolgendoci parole di conforto e di amore.

Salvatore Bernocco