PERCHE’ I CATTOLICI IN POLITICA?

Periodicamente torna di attualità la questione della partecipazione dei cattolici alla vita politica del nostro Paese. Ne ha scritto ultimamente sulla Gazzetta del Mezzogiorno anche Mons. Ruppi. Perché sarebbe necessaria tale presenza? Quale sarebbe lo specifico apporto dei cattolici alla politica? Quale diversa qualità li connoterebbe rispetto ai “laici”?
Il discorso è complesso ed attiene al messaggio evangelico, che tutto trasuda amore per l’uomo e le comunità degli uomini, dove si sperimentano la quotidianità del vivere, la difficoltà di essere uomini e donne portatori naturalmente di diritti inalienabili, di dignità non conculcabili né dallo Stato né da altri. Vi sono diritti alla vita, alla pace ed alla felicità che rivengono per via diretta da una lettura in termini sociali ed economici dei vangeli. Il messaggio di Dio agli uomini è un messaggio di pace e di fecondità di vita.
Non appartiene al Cristianesimo una visione di una felicità posticipata all’aldilà. È una lettura errata e nera dei vangeli, pessimistica e demotivante: se la felicità è raggiungibile solo in Paradiso, perché saremmo venuti al mondo? Solo per soffrire e morire, come talune correnti cattoliche postulano? Esse seminano dolore in eccesso e timori di cui Gesù non ha mai parlato. Egli, anzi, ha parlato di felicità piena, conseguibile già qui ed ora. Come? In che modo? Mettendosi al servizio degli altri, senza nulla pretendere in cambio, inaugurando un circolo virtuoso di amore a cui risponde altro amore.
Questo è il centro del messaggio evangelico: la letizia e l’amore che la genera.
Il cristiano che si impegna in politica porta con sé questa visione della vita; è capace, con la preghiera e la meditazione, di scrutare i segni dei tempi grazie ad una sensibilità spirituale che molti non posseggono. Il cristiano scruta i segni, li legge alla luce del vangelo, ne trae spunti di analisi per progettare città a misura d’uomo, in cui regnino la solidarietà e la prosperità. Il bene comune è il bene pubblico, e su questa simmetria egli si incontra con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che, partendo da altri umanesimi, hanno a cuore l’uomo, la vita, la creazione. Il dialogo fra culture politiche diverse nasce da questo comune fondamento: la tutela della vita umana, dalla nascita alla fine naturale.
Su queste questioni etiche ci sono scontri e polemiche e, direi, grosse contraddizioni che andrebbero superate con intelligenza e sapienza. Un esempio: aree di pacifismo e di ambientalismo laici postulano la difesa dell’ambiente e della vita animale, ma dicono cose poco convincenti rispetto alla tutela della vita nascente e morente. Aborto ed eutanasia, secondo me, contrastano finanche con i presupposti ideologici del pacifismo e dell’ambientalismo. Prenderne coscienza sarebbe un grosso passo avanti. Ecco, il cattolico pone questioni di merito senza integralismi e con pieno rispetto per le altrui visioni, in un rapporto che, come ci insegnavano Moro e Dell’Andro, è di confronto e di dialogo, giacché nel dialogo qualcosa di noi resta in loro e viceversa. La nuova umanità nasce sempre da atti di amore e di dialogo, da un arricchimento reciproco che è vita nuova in corso d’opera.

Salvatore Bernocco