Alla scuola del Vangelo: piccoli e grandi


Miei Cari,
dopo un periodo di collaudato rodaggio ed essendomi sentito con i collaboratori ho annunciato la sera del 28 agosto scorso la nascita di un nuovo gruppo parrocchiale: quello degli “Amici della Parola”. Da tempo ormai -quindicinalmente- ci incontriamo infatti per approfondire argomenti presentati dai Vangeli e che arricchiscono non soltanto dal punto di vista culturale ma soprattutto spingono ad una reimpostazione del nostro cammino di fede.
Vorrei pertanto brevemente riandare alle motivazioni di fondo che ci hanno orientato a fare tale scelta partendo dal Vangelo di Giovanni che così afferma al capitolo 20, 30-31: “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, Figlio di Dio”.
Il Vangelo è il cuore della vita cristiana.
È la buona novella.
Sta ad indicare il messaggio proclamato da Gesù e trasmesso da coloro che l’hanno conosciuto e frequentato. Sono testimonianze commoventi sulla vita, sulla condanna a morte e sulla risurrezione di Gesù. Non sono i Vangeli reportages ma testimonianze di fede.
Nessuno ha la pretesa di dire tutto su Gesù, ma trasmettono il modo in cui Cristo risuscitato sconvolge quelli che lo incontrano. Gli faceva compagnia nelle brevi passeggiate per i giardini vaticani, lungo i sentieri dei monti nelle brevi vacanze estive, nelle pause delle sue giornate laboriose.
Un giorno di ottobre del 1987 scese pellegrino al Santuario di Pompei e ricordò che davanti a quella dolcissima immagine amava sostare il medico santo Giuseppe Moscati, che soleva dire: “Ai piedi della Madonna mi sembra di diventare più piccolo, e Le dico le cose come sono”.
Il Papa commentava: “Vogliamo anche noi… aprire il nostro cuore alla Madonna e dirLe le cose come sono”. Il 25 ottobre 1987 il Papa apriva l’anno mariano e firmava la Lettera sul Rosario. Sono pagine appassionate di un uomo che tutta la sua vita consegnò alla Madonna.
Egli osserva che l’umile snodarsi delle avemarie si alterna a silenzi sapienzali, nei quali l’anima affonda lo sguardo nell’intimità di Dio e scopre il suo disegno salvifico, il volto del Figlio, la luce della redenzione.
Il rosario non si recita, ammoniva il beato Bartolo Longo. Papa Wojtyla lo ripeteva, lo sottolineava. Il rosario è meditazione, la ripetizione delle avemarie impone di passare dalla preghiera sussurrata alla preghiera meditata.
In semplicità. È semplice la struttura del rosario.
Il rosario, incalza papa Karol, è contemplazione. In effetti attraverso la preghiera alla Madonna e con l’alternarsi dei misteri si entra nel contatto con Dio, lo si ascolta, gli si parla, lo si contempla nella successione delle scene proposte di volta in volta.
In tutto questo meditare e contemplare, “le parole guidano l’immaginazione e l’animo a quel determinato episodio o momento della vita di Cristo”.
La vita di cristo, presentata mediante i diversi quadri visivi, fa del rosario il “vangelo dei poveri”, diceva Giovanni XXIII. È l’arma debole, ma un’arma che vince le potenze avverse.
Ogni mese è ricco di ricorrenze mariane. Maggio e ottobre sono quelli che la devozione popolare ha consacrato a Maria. In ottobre ci sono due giornate, il 7 e il 13, quest’ultima collegata alle apparizioni di Fatima.
L’approfondimento quindi del Vangelo è per incontrare Gesù ed entrare nell’intimità della sua Parola. Tale intensità si trasforma, libera da molte paure, tranquillizza, dinamizza, apre le vie della vita spirituale. Più si leggono i Vangeli e più si è sensibili alla Parola di Dio, più cresce il desiderio di approfondire e di rispondere con la propria vita a questo appello. Un grande padre della Chiesa diceva che il “premio della ricerca di Dio è la ricerca stessa”. Vivere secondo il Vangelo rende pienamente felici.
La nuova forma di accostarci al Vangelo aiuterà gli “Amici della Parola” a credere che ciò che viene vissuto nel testo evangelico può essere vissuto anche oggi, da ogni uomo, in qualsiasi cultura. Perché in fondo è esatto quanto afferma Théodore Monod: “Gesù ci dice una cosa unica che dovrebbe bastare a orientare tutta la nostra vita: Dio è amore”.
E per concludere con l’evangelistaGiovanni mi piace riportare quanto egli riferisce: “Questa è la vita eterna: conoscere Te, Padre, e Colui che hai mandato, il Cristo”.
Buon anno pastorale e buon cammino a tutti.

Cordialmente
Don Vincenzo