“CAMMINARE INSIEME È DIFFICILE, MA È PIÙ BELLO”


Miei Cari,
credo sia opportuno, anzi provvidenziale, riandare al settembre di 25 anni or sono, quando iniziava la nuova esperienza che avremmo vissuta non più con la diocesi sorella di Bitonto ma con le Chiese di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi.
Il nuovo Pastore, il Servo di Dio don Tonino Bello nominato primo vescovo delle predette diocesi e poi (30 settembre ’82) Vescovo di Ruvo, avrebbe dato inizio all’unica diocesi di Molfetta - Ruvo - Giovinazzo - Terlizzi.
Uno sguardo retrospettivo, circa la nuova realtà?
Certo, 25 anni sono pochi per vedere i risultati del camminare insieme e proprio don Tonino affermava che è necessario “essere insieme per camminare” quasi rispiegando quanto aveva affemato nella sua lettera pastorale “Camminare insieme” e il Cardinale Pellegrino. E ancor meglio puntualizzava: “Per me e per voi, sarà un’avventura splendida, un’avventura di comunione impareggiabile, non solo sul piano della sequela di Cristo che accomuna tuttele Chiese della terra, ma anche sul piano delle tabelle di marcia, dei ritmi di percorso e delle corsie preferenziali che caratterizzeranno il nostro camminare insieme. Aiutiamoci a non deludere il Signore che non delude mai nessuno”.
Certamente ve ne è tanto lavoro da fare ancora per promuovere la pace, rigenerare l’entusiasmo, stimolare le iniziative, accrescere l’impegno, tener desta l’attenzione al bisogno dei poveri, collegare le espressioni più significative del lavoro pastorale in modo che non ci sia chi tira a destra e chi tira a sinistra, chi accelera e chi frena.
Mi sono soffermato spesso durante questi 25 anni su queste piste che don Tonino indicava all’inizio del cammino insieme delle quattro ex diocesi.
Il lavoro è tanto. Tanto hanno operato in tal senso i vescovi che si son succeduti nell’impresa: da Mons. Negro al nostro don Gino. L’auspicio è che non abbiamo a scoraggiarci e anche noi, come comunità parrocchiale, ci apriamo a questo respiro diocesano per una Chiesa più aperta, più libera, più autentica anche se i limiti sono tanti e a farci arrestare il più delle volte.
Forse dobbiamo andare di più verso coloro che non si trovano con i nostri progetti e nelle nostre speranze cristiane, ma sperimentano come noi la fatica di essere uomini. Ad essi dovremo poter dire che la nostra Chiesa si farà più attenta ai loro bisogni e alle loro richieste di significato.
Saranno questi gli impegni e le piste che ci faranno lavorare con più entusiasmo e dare gioia ai pastori cui siamo stati affidati.

Cordialmente, Don Vincenzo