LE APPARIZIONI DI GESU’

La cosiddetta critica storica, già nell’ottocento, faceva una lettura riduttiva della Rivelazione, stravolgendola per negarla. È quel che fa la tua rivista, per dimostrare che le “apparizioni” del Risorto si spiegherebbero sulla base del paranormale o di illusioni dei discepoli.
Eppure, i vangeli usano un termine semplicissimo e concretissimo: “vedere”.
Gesù risorto fu visto in tre incontri privati e cinque volte dalla comunità dei discepoli. Sullo sfondo ci sono luoghi reali: Gerusalemme, la Galilea e altri siti cari e noti a Gesù e ai discepoli.
In questi incontri colpisce il fatto che Gesù intende farsi riconoscere. Sono “apparizioni di riconoscimento”. C’è una spiegazione. I discepoli erano spauriti, convinti che tutto si fosse concluso con la crocifissione. Essi sono lontani dal pensare all’evento della risurrezione.
Clamorosi i casi dei due discepoli di Emmaus e di Maria Maddalena che scambia il Risorto con l’ortolano a guardia del giardino. Cristo deve dunque farsi “riconoscere” e questo accade perché l’evento pasquale ha in sé una dimensione ulteriore, trascendente.
Poiché era un evento “trascendente”, la risurrezione e il Cristo risorto non potevano essere capiti con la sola vista degli occhi. Lì ci voleva una comprensione superiore, quella della fede. Egli è vivo, vero e tuttavia non è un altro. Da notare che gli incontri col Risorto non avvengono nei sogni, ma in pieno giorno. Davanti ai discepoli in totale consapevolezza, egli si introduce con la sua vigorosa corporeità. Cristo si fa vedere come presenza fisica, controllabile e verificabile. Si spiega così il rilievo dato alle piaghe della passione: “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi, un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho” (cf Lc 24,39).
Quando l’apostolo Tommaso chiede “la prova”, Gesù lo prende in parola.
Sembra un concedersi quasi a un gioco poco confacente alla sublimità del momento, eppure il Risorto non si nega.
E ha una sottile dolcezza che rimbalza anche a noi, l’ammonizione: “Non essere più incredulo ma credente” (Gv 20,27).
Come si vede, Gesù che non si sottrae alla prova della sua fisicità mette in rilievo l’oggettività dell’esperienza pasquale degli apostoli. L’incontro col Risorto non nasce da una sensazione soggettiva, ma è indotta da una presenza esterna, trascendente eppure reale.
Con tutto ciò i Vangeli, mentre marcano la realtà verificabile (Gesù mangia il pesce arrostito sulle rive del lago), mettono in risalto anche il mistero della sua Persona. Passa attraverso le porte chiuse, si sposta in un baleno da un luogo all’altro. San Paolo ci aiuta a capire, quando parla della risurrezione dei cristiani e scrive che nella risurrezione finale la creatura intera è rinnovata, ricondotta a un nuovo progetto di persona non più limitata dal tempo e dallo spazio e quindi dalla finitezza e dalla morte. “Si semina corruttibile e risorge incorruttibile, si semina ignobile e risorge glorioso…” (ICor 15,42-44).Auguro a te, caro amico, e agli altri lettori di vedere con occhi di fede Gesù e di riconoscerlo per averlo compagno di vita e testimoniarlo.





Pasqua

Con le donne
Vorremmo sapere se vale la pena lottare:
Vorremmo sapere se vale la pena vivere
E se qualcosa vinca l’assurdo del morire.
Per questo veniamo anche noi al mattino presto
E le domande si concentrano in una sola.
Credere o non credere che tu ce l’hai fatta,
lì sta tutta la differenza.
T.C.