ALDO MORO “SERVO DI DIO”

Con Aldo Moro, il sindaco Giovanni Bernocco
e Renato Dell’Andro
 Mio padre Giovanni era amico di Aldo Moro. Io, di riflesso, ne ho apprezzato le qualità culturali, morali e politiche, vedendo il lui un uomo che univa fede e vita. Oggi, a distanza di anni, mi definisco ancora moroteo. Il suo impegno politico fu stroncato il 9 maggio 1978 dalle Brigate Rosse, gruppo di ispirazione marxista e leninista avverso alla fede cristiana. La prigionia di Moro durò 55 giorni, dal 16 marzo al giorno del ritrovamento del suo cadavere in via Caetani a Roma. In quel periodo Moro non cessò mai di rivolgersi a Dio. Lo testimoniano le sue lettere dal carcere, alcune molto commoventi, specie quelle indirizzate alla sua famiglia. Ora, il Presidente del Tribunale Diocesano di Roma ha dato il via libera all’inchiesta sulla sua beatificazione, dopo il nulla osta dato dal cardinale Agostino Vallini, Vicario del Papa, che ha indicato lo statista ‘Servo di Dio’. Maria Fida Moro, figlia dello statista democristiano, ha detto di ritenere che “in piena umiltà cristiana mio padre ne fosse assolutamente degno, per il modo nel quale ha trascorso i giorni della sua vita e quelli della sua ‘morte’, ovvero la prigionia nelle mani dei terroristi, essendo esempio di mitezza, compassione e misericordia. Mio padre è stato uno straordinario esempio di umanità e di fede”. “Come altri prima di lui, da Dossetti a Sturzo – ha ricordato - potrebbe salire all’onore degli altari perchè è stato un politico che ha lavorato sempre per il bene comune, secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II. Aveva una profonda spiritualità, e questo era il suo tratto distintivo”. A favore della beatificazione dello statista democristiano anche Ferdinando Imposimato, legale di Maria Fida Moro, il quale ha dichiarato che “i brigatisti che lo hanno tenuto prigioniero, mi hanno raccontato che Aldo Moro ha mostrato una fede irriducibile: nel ‘carcere del popolo’ ha letto sempre la Bibbia, anche se dietro aveva la bandiera con la Stella a 5 punte. Moro ha dimostrato anche un senso di perdono per coloro che lo avevano abbandonato, comprese le alte gerarchie ecclesiastiche. Chiese e ottenne dalle B.R. il testo delle Sacre Scritture, e in quelle pagine si rifugiava tutti i giorni. Ha vissuto la sua prigionia con coraggio e spirito di santità estrema. Non è vero che aveva paura della morte: era solo preoccupato che con la sua fine la famiglia venisse abbandonata, cosa che poi si è puntualmente verificata”.