CONDIVIDIAMO IL NATALE NEL SEGNO DI DON TONINO

Il vescovo don Tonino Bello, prossimo agli onori degli altari, era solito augurare un «Natale scomodo» in controtendenza con la concezione edonistica legata ad uno sfarzoso e sfrenato consumismo. Il suo era un forte richiamo a vivere la Festa più bella della cristianità secondo uno stile sobrio e, soprattutto, in stretta condivisione con i poveri ed i meno garantiti. Quel richiamo oggi rimane ancora attuale perché la difficile congiuntura economica sta incidendo fortemente nel tessuto medio della società impoverendolo sempre più e condannando i già poveri a condizioni di vita impossibili. Le ultime statistiche riportano i dati allarmanti di una spaventosa divaricazione tra il 10% di ricchi sempre più ricchi e il 50% di impoveriti, alcuni dei quali anche indebitati e insolventi. E fa stridore l’altra notizia apparsa sui quotidiani più noti secondo cui, dei cento milioni assorbiti, la pubblica amministrazione ne sperpera sessanta in corruzione e ne perde quaranta tra sprechi ed inefficienze. Per non parlare, poi, dei privilegi persistenti di direttori generali, di managers aziendali, di presidenti di Enti, di politici altolocati, che godono di stipendi e pensioni d’oro in barba ai sacrifici a cui sono sottoposti gli ipertartassati contribuenti medi e piccoli i cui conti sono controllati alla fonte. Dunque il marcio si sa dove è, ma ci si attarda ad estirparlo alla radice. Di fronte a questo progressivo imbarbarimento della società e al crescente numero di poveri senza garanzie la domanda di chi vuole guardare al futuro con un buon margine di ottimismo è la stessa che la folla fece a Giovanni Battista quando annunciava l’imminente venuta di Cristo; «che cosa dobbiamo fare»? La sua risposta fu riferita a tre principi: essere onesti, condividere con chi ha bisogno, non essere violenti. Papa Benedetto XVI, attualizzando la stessa domanda, ha voluto dare anche la sua risposta indicando all’uomo di oggi una direttrice di marcia che richiede una «conversione» radicale lungo un percorso contro-corrente che porta ad un sostanziale cambiamento di stile di vita: «la conversione comincia dall’onestà e dal rispetto degli altri». Dio non richiede impegni straordinari, ma che sia ordinaria una condotta di vita vissuta secondo i criteri di solidarietà e di giustizia. Fare questo significa rispondere all’invito di Dio a meritare di vivere il Natale migliorando ogni giorno e non limitandosi alle opere buone soltanto in coincidenza con la solennità religiosa. Il Natale, infatti, non può essere confinato ad un episodico momento celebrativo,; ma deve coincidere con una condizione di vita che giornalmente ci richiede lo stesso «amore» che il Gesù di Betlemme ha voluto regalarci scegliendo di vivere tra noi.
È Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano. È Natale ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare l’altro. È Natale ogni volta che non accetti quei principi che relegano gli oppressi ai margini della società. È Natale ogni volta che speri con quelli che disperano nella povertà fisica e spirituale. È Natale ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza. È Natale ogni volta che permetti al Signore di rinascere per donarlo agli altri. Madre Teresa di Calcutta