I “SEGNI” della nuova Evangelizzazione

Miei Cari,
dopo pochi mesi dal sinodo sull’Evangelizzazione, e in pieno anno della fede, lo Spirito Santo regala alla Chiesa e al mondo: Papa Francesco. Sembra proprio che i frutti di quel Sinodo stiano arrivando nel modo meno pensato e con una efficacia impensabile appena qualche mese fa. Papa Francesco sta evangelizzando con il linguaggio dei segni (lo abbiamo potuto constatare nell’incontro indimenticabile avuto dalla nostra parrocchia il 15 maggio noi) accompagnati dalle brevi ma puntuali ed efficaci catechesi. Occorre andare verso gli altri?…. Lui esce e vince ogni protocollo e barriera per avvicinarsi a quanti più può… Dio è misericordia? Lui sceglie di celebrare la “Coena Domini”, che è la massima Celebrazione Eucaristica dell’Anno liturgico, in un carcere, lavando i piedi agli ultimi, senza distinzione di sesso e religione…. Gesù ha detto “Beati i poveri”? Lui usa l’autobus con i cardinali, continua con le sue normali scarpe, pranza e celebra con gente comune… rimane in Santa Marta piuttosto che nel Palazzo Pontificio. Ma Gesù ha detto anche: “Lasciate che i piccoli vengano a me!” e lui va loro incontro, li accarezza, li abbraccia e li bacia e incluso si abbassa a lasciare un autografo sul gesso di una bambina disabile, come farebbe qualsiasi “amichetto”. In definitiva sono segni che stanno accompagnando dei messaggi, quasi sostituendosi alle parole le quali tra l’altro sono diventate poche e sommesse, anche se fortemente incisive. Le abbiamo ascoltate di persona nell’incontro con Lui. Ma ha dato valore anche al silenzio, quello vero, quello “visibile”, come a dire: sto ascoltando, voglio ascoltare. Miei Cari, è arrivata una nuova primavera per la Chiesa e per il mondo!!! Lasciamoci coinvolgere, motivare; trascinare. Accogliamolo questo meraviglioso “buon esempio” e vedendone i frutti abbondanti: ottimismo, gioia, speranza, ritorno in Chiesa... appropriamocene per fare anche noi la nostra parte. L’impegno di evangelizzare (lo dico soprattutto ai nostri catechisti) deve coinvolgerci tutti, perché tutti siamo stati fatti missionari dal Battesimo stesso; non perdiamo troppo tempo in elucubrazioni circa metodologie, strumenti e investimenti; mi sembra chiaro che il linguaggio dei segni sta dimostrando la sua efficacia. Don Tonino ricordava: “non i segni del potere ma il potere dai segni”. Certo ogni persona e ogni Pontefice ha il suo stile, e usa un diverso linguaggio, ma nel possibile ognuno di noi può accogliere quanto ci può servire per migliorare se stesso, le proprie forme, per dare efficacia al nostro operare. Alla fin fine, stiamo tutti nella stessa Barca di Pietro, la Chiesa. Uniamoci con entusiasmo e slancio apostolico e portiamo a un mondo un po’ troppo disperato, un po’ di speranza, gioia e Amore, come sta facendo con tanta efficacia Papa Francesco.
Cordialmente. don Vincenzo

Il Vescovo don Gino posa con un gruppo dei nostri,prima dell’incontro col Papa (15 maggio 2013)

Prepariamoci ad accogliere la Madonna dal 29 luglio al 4 agosto prossimi

IL MESSAGGIO DI FATIMA

Ho avuto modo, nello scorso numero di “Fermento”, di annunciare l’arrivo, nella nostra Comunità parrocchiale, della venerata immagine della Madonna Pellegrina del Santuario di Fatima, che vi sosterà dal 29 luglio al 4 agosto. La chiesa del SS. Redentore sarà l’unica tappa pugliese del simulacro mariano tanto caro ai fedeli, per cui auspichiamo che ad accoglierla ci siano non soltanto i fedeli ruvesi, ma anche quelli dell’intera Diocesi.È bene, quindi, soffermarsi sul messaggio centrale che la Vergine Maria ci diede, apparendo ai tre pastorelli, Lucia, Giacinta e Francesco:‘pregare e fare sacrifici per la conversione del mondo e la salvezza delle anime. Un particolare non va sottovalutato, e cioè che le apparizioni della Vergine furono precedute dalla apparizione di un angelo. Lo racconta la stessa Lucia dos Santos nelle sue memorie. Ella vide una misteriosa figura “simile ad una statua di neve”. Fuggita, non volle raccontare nulla ai familiari, cosa che invece fecero le compagne con le quali si trovava. Fu per questo che Lucia preferì recarsi al pascolo di “Cabeço” con i due cugini, Francesco e Giacinta. Mentre essi si riparavano dalla pioggia e giocavano, apparve nuovamente quella figura, “un giovane fra i quattordici e i quindici anni, che il sole rendeva trasparente come se fosse di cristallo”. Questi invitò i bambini a pregare, prostrati con lui, in riparazione delle offese subite da Dio da parte dei peccatori, e, in particolare, con le parole: “Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anima, divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della Terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui Egli stesso è offeso, e, per i meriti infiniti del Suo Santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, vi chiedo la conversione dei poveri peccatori”. Riapparso nuovamente nell'estate del 1916, si rivelò come l’angelo protettore del Portogallo, ordinando ai pastorelli di fare sacrifici per la salvezza della loro patria, devastata dalle guerre civili. Nell’ultima manifestazione, l’angelo apparve ai tre pastorelli con un calice ed un’ostia sanguinante nelle mani. Porse il calice a Francesco e Giacinta, e ordinò a Lucia di mangiare l’ostia, dopo di che pregò loro di fare sacrifici in riparazione degli oltraggi nei confronti del sacramento dell’Eucaristia. Scomparso l’angelo, i pastorelli non ebbero più visioni fino al 1917, quando fecero il loro incontro con la Madonna a Cova d’Iria. Ora, dalla lettura di quanto precede, possiamo delineare un percorso di fede e di opere personali, per prepararci meno indegnamente ad accogliere la Madonna Pellegrina di Fatima.
Lo sintetizzerei in alcuni punti:
1) la recita frequente del Santo Rosario, preghiera che la Madonna gradisce molto, raccomandata, fra gli altri, da San Pio da Pietrelcina, il quale scriveva: “Amate la Madonna e fatela amare, recitate il Rosario e bene. Satana mira sempre a distruggere questa preghiera, ma non ci riuscirà mai: è la preghiera di Colui che trionfa su tutto e su tutti.”;
2) preghiera all'Angelo Custode e alla SS. Trinità, in particolare allo Spirito Santo;
3) pregare per la conversione dei peccatori, senza dimenticare che lo siamo anche noi;
4) revisione della propria vita alla luce del Vangelo e del Catechismo della Chiesa Cattolica, quindi dei rapporti che abbiamo con noi stessi, con Dio, con il nostro prossimo, se sono improntati alla carità, all'amore, all'accoglienza oppure all'egoismo. Ricordiamoci che il Signore è presente nel nostro prossimo, e che ciò che facciamo al più piccolo dei nostri fratelli e sorelle‘è fatto a Lui;
5) compiere atti concreti di carità e di solidarietà, specie verso chi versa in stato di bisogno. La grave crisi economica, che sta mietendo molte vittime, ci obbliga a “mettere mano al portafoglio” e ad essere generosi;
6) frequenza ai sacramenti della riconciliazione e della comunione, adorando il Signore, realmente presente nell’Eucaristia.
In questo modo, col cuore contrito e dischiuso alla Parola, possiamo dare il benvenuto alla Madre Celeste, presentandoci a Lei in modo dignitoso. Pensate ad un ospite che giungesse a casa nostra e la trovasse in disordine. Che idea si farebbe di noi? Quindi, per quanto ci è possibile, mettiamo in ordine la nostra casa interiore. Alla nostra pace ed ai nostri bisogni ci penserà il Signore, attraverso Maria, Sua e nostra tenera Madre.

Salvatore Bernocco

BIOGRAFIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

• 1936 Nasce a Buenos Aires il 17 dicembre.
• 1955 Dopo il diploma da perito chimico entra nel seminario di Villa Devoto.
• 1958 Entra nel noviziato dei gesuiti.
• 1963 Dopo studi umanistici in Cile, si laurea in filosofia a Buenos Aires.
• 1964-1966 Insegna letteratura e psicologia a Santa Fe e Buenos Aires.
• 1967-1970 Studia teologia al collegio di San Miguel, dove si laurea.
• 1969 Il 13 dicembre è ordinato sacerdote. • 1970-1971 Terzo probandato ad Alcalà de Henares (Spagna).
 • 1973 22 Aprile, fa la professione perpetua.
• 1972-1973 Maestro di novizi a Villa Barilari, San Miguel, professore di teologia e rettore del Collegio Massimo.
• 1980-1986 Rettore del Collegio Massimo e parroco della parrocchia di San José.
• 1986 Dopo aver determinato la tesi dottorale in Germania, diventa direttore spirituale alla chiesa dei gesuiti di Cordoba.
• 1992 27 Maggio, è ordinato vescovo nella cattedrale di Buenos Aires.
• 1998 28 Febbraio, Arcivescovo di Buenos Aires.
• 2001 21 Febbraio, Cardinale del titolo di San Roberto Bellarmino.
• 2005 Partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI.
• 2005 Presidente della Conferenza Episcopale Argentina.
• 2013 13 Marzo, Viene eletto Sommo Pontefice.

L’INFERNO: per una corretta interpretazione

L’inferno non esiste. Nel senso che la parola (e quindi il concetto) non è reperibile, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Per un ebreo non è concepibile neanche il concetto di una punizione eterna. Vedi SHEOL. Sconosciuta nel mondo ebraico, greco, romano, l’idea di inferno (come luogo di castigo eterno dopo la morte, dove va prima l’anima e poi andrà anche il corpo, alla fine del mondo) è nata diversi secoli dopo la morte di Gesù. La parola non esiste neanche nel “credo” e la Chiesa di Roma non ha mai detto di nessuno che sia all’inferno (mentre di molti dice che sono in paradiso). Ma “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (Isaia 55,8). Si tratterebbe di una sofferenza eterna, un castigo infinito, una vendetta spietata che il Dio chiede agli uomini di perdonare sempre (settanta volte sette). E Gesù ha fatto proprio questo che non riusciamo a fare: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Luca 23,34). Ma allora, se la punizione eterna esiste, significa che la richiesta di Gesù al Padre non è stata esaudita. Il teologo cattolico von Balthasar arriva ad ipotizzare che l’inferno esiste, ma è vuoto; si tratterebbe pertanto solo di un deterrente escogitato da Dio per spaventare gli uomini perché si comportino bene. Mi sembra una teoria bizzarra. Sono forse gli uomini (non quelli religiosi) più buoni di Dio, non accettando più la pena di morte o una pena che sia per sempre? Impossibile. Nella nostra civiltà giuridica, per ogni colpa c’’è una pena proporzionata, purché serva per la rieducazione e il recupero di chi ha sbagliato. Noi non amiamo i fondamentalismi e li lasciamo a certe Chiese americane (e anche nostrane), alle forze paramilitari che la gerontocrazia romana incoraggia sottobanco (neanche troppo sottobanco), favorendo coloro che si prestano a fare il lavoro sporco, mentre, a parole, solo a parole, mostrano le buone intenzioni e le troppo facili “buone parole”. I brani dei vangeli in cui qualcuno suppone che ci siano elementi per asserire la realtà dell’inferno, sotto la scure della moderna esegesi, sono tutti crollati. Rimane invece intatta la volontà di un Dio Salvatore, il Dio Padre che si è manifestato in Gesù: - “Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1 Timoteo 2,3-4). - “Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!” (Romani 8,34). - “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Giovanni 3,17). L’Inferno allora sarebbe un luogo (o una condizione) inventata dagli uomini religiosi per indicare quale sarà la fine dei loro nemici, indicandoli come nemici di Dio. Il nostro Dio non è il giustiziere caro a Giovanni Battista, ma è il Padre di Gesù e Padre nostro. Ma, si sa, per qualcuno il Catechismo (CCC) è più importante del Vangelo, ma solo per mantenere il potere sulle persone e sulle coscienze. Penso che andare all’inferno non significhi essere messi arrosto da qualche parte, ma aver fallito la propria vita, non aver raggiunto lo scopo di vivere per sempre, di aver scelto di rifiutare l’amore e la vita e cercare l’odio e la morte. Il vero pericolo però, non è andare all’inferno, ma vivere nell’inferno. Infatti senza l’amore il nostro cuore diventa un inferno. L’inferno infatti esiste davvero ed è la possibilità di perdere Dio con un atto libero che lo respinge, respingendo l’amore. Sia ben chiaro: quest’inferno non lo crea Dio, ma lo fa la libertà umana: Dio ne prende atto con infinito rammarico, ma anche con infinito rispetto della nostra libertà. “L’inferno esiste, ma non è un luogo creato da Dio per punire, al termine della vita, chi si sarà comportato male. E’ una condizione di infelicità e disperazione creata dal peccato. Dall’inferno del peccato è però possibile uscire: si viene liberati da Cristo e dal suo giudizio di salvezza” (Fernando Armellini). “Dov’è l’inferno? E’ in noi. In ognuno di noi ci sono gli inferi ci sono i demoni, e i demoni non vengono dal di fuori, vengono da noi, sono una parte importante del nostro essere, sono l’ombra del nostro essere” (Giovanni Vannucci). Siamo nell’inferno, e la nostra vita biologica diventa un fallimento, se non accogliamo il dono d’amore che riceviamo continuamente, in ogni istante, da Dio. Secondo alcuni esegeti, l’inferno è allora il nulla della persona, quando non si è saputo conservare “la vita” che ci è stata consegnata, a causa delle scelte sbagliate di vita. La “vita” si va allora atrofizzando fino ad annullarsi, per il rifiuto ostinato e cosciente della proposta di vita piena che Gesù fa, portando così alla “morte seconda, la fine dell’esistenza. Gesù parla della “Geénna di fuoco” come immagine di distruzione della persona per il rifiuto ostinato e cosciente della proposta di vita piena che Egli fa. Essendo liberi, siamo pienamente responsabili delle nostre azioni, come dice, con efficacia, Silvio Piersanti: “Non c’è né inferno né paradiso. Non ci sono né premi né punizioni. Ci sono solo conseguenze”. da “Le parole del Vangelo” di Panfilo Di Palo p. 130-131

EMERGENZA POVERTÀ A RUVO

Per quanto ne so, sono tante le famiglie ruvesi che versano in condizioni di estrema precarietà economica, anzi di povertà. Se non erro, oltre 400 nuclei familiari sono seguiti dalla Caritas cittadina (non so nulla di quelli seguiti dai Servizi Sociali, ma posso immaginare che si tratti di un numero ragguardevole), i cui fondi a disposizione non sono affatto sufficienti a sopperire alle continue richieste di aiuto per pagare le bollette della luce e del gas, dell’acqua, condominiali. Le stesse parrocchie sono prese d’assalto da persone in cerca di un sostegno. Molte persone che vivevano al limite del decoro, sono state risucchiate indietro. Il ceto medio si è complessivamente impoverito e, con esso, si registra il declino delle attività commerciali, costrette anch'esse a fare i conti con una spesa per i consumi che si è notevolmente ridimensionata. Sono pochi coloro che riescono a risparmiare qualcosa. La maggior parte dei monoreddito fa fatica ad arrivare con qualche euro in tasca alla famosa “terza settimana”. Insomma, il quadro economicosociale è preoccupante, e vi è il concreto rischio che, prima o poi, frustrazione e depressione si convertano in violenza e ribellione. Alcune avvisaglie ci sono già state, ma sembra che uno, due, cinquanta morti a causa della crisi economica, facciano testo solo per due, tre giorni al massimo, con il solito condimento di proclami e promesse, dopo di che tutto finisce nel dimenticatoio. I problemi, chi ce li ha, se li tiene. Questa la triste sintesi. L’emergenza si sta trasformando in una condizione stabile di precarietà. La recessione economica, che non accenna a regredire, ha eroso diritti e sicurezze. A livello locale, credo sia ora di attivarsi in modo più razionale e meno dispersivo, immaginando semmai la formazione di una task force contro le povertà, composta dalle associazioni del volontariato, laiche e religiose, dal Comune, dalle parrocchie. È necessario un coordinamento delle azioni, degli interventi e delle iniziative di sostegno delle persone che non dispongono di un reddito sufficiente a vivere, molte delle quali sono sconosciute alla rete della solidarietà, trovando poco dignitoso venire allo scoperto. Credo manchi un censimento delle povertà. Sarebbe bene pensarci, quale strumento di rilevazione delle emergenze locali, dai cui esiti poi prendere spunto per impostare mirate politiche sociali e della solidarietà. Nel frattempo, sperando che le istituzioni locali vogliano prendere in seria considerazione il nostro suggerimento, dobbiamo intervenire come possiamo. Chi può, dia di più. Lo dia alla Caritas cittadina, alla sua parrocchia, di persona. Non lesini il suo aiuto, se è nella possibilità di darlo. Se stendiamo la mano, Gesù la guarisce dal suo inaridimento (v. Mc 3, 1-6), il che significa che ci rende capaci di “estenderci”, di amare di più, secondo il suo volere.

 S.B.

Nel tempo e nello spazio di Dio

Ha avuto termine con la solenne celebrazione conclusiva del mese di maggio la scuola di Maria che abbiamo cercato di tenere presente come madre ma soprattutto come Maestra. Si onorarono tutti gli impegni mensili: dai momenti di adorazione del 1° Giovedì e del 23 del mese animati dai vari gruppi. Anche molto sentita la novena alla Madonna delle Grazie per le persone che non possono recarsi al Santuario. Ma fu soprattutto notevole la presenza dei fedeli per la festa di S. Rita per cui ci fu la partecipazione numerosa che la sera del 22 gremirono la chiesa, parteciparono all'Eucarestia, alla benedizione e distribuzione delle rose e al bacio della reliquia della Santa. Tra gli ultimi adempimenti verso la fine dell’anno pastorale vi fu la vegli mariana nel rione Gravinelle la sera del 25 maggio; buona la partecipazione. Intanto un incontro di spiritualità ci fu presso il Santuario della Madonna dei Martiri in preparazione alla celebrazione penitenziale per i fanciulli di 3^ elementare. Gli incontri di catechesi a tutti i livelli e con i genitori dei ragazzi in particolare non furono disattesi e il tutto contribuì a una buona riuscita delle celebrazioni di Prima Confessione e Prima Comunione il giorno 2 giugno.

Luca

15 Maggio: il Vescovo d. Gino e il parroco concelebrano in S. Pietro per i pellegrini della nostra Comunità