DON TONINO E PAPA FRANCESCO pionieri di una “Chiesa in uscita”

La chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione del Vescovo Don Tonino Bello ha riproposto al popolo dei credenti la figura di un «Pastore» che ha praticamente aperto una strada che Papa Bergoglio sta oggi percorrendo condividendo con lui la coraggiosa concezione di una «Chiesa in uscita». Se don Tonino fosse vissuto più a lungo, oggi sarebbe stato coetaneo di Papa Francesco e si sarebbe rallegrato con lui per l’attribuzione del meritato riconoscimento di «persona dell’anno» da parte del prestigioso settimanale statunitense «Time». Entrambi oggi si sarebbero mossi in piena sintonia in quanto accomunati dalla stessa visione della vita e del rapporto Chiesa-mondo. Infatti, don Tonino sbalordiva per il suo modo di vivere e di rapportarsi al popolo. Colpiva, infatti, per la semplicità e sobrietà del costume; per la rinuncia agli agi del «palazzo»; per la vicinanza ai poveri; per la difesa dei meno garantiti; per l’efficacia della comunicazione; per l’affidabilità nei rapporti umani. Son in molti i testimoni che ricordano come da Vescovo abbia preferito indossare la croce di legno; abitare in poche stanze dell’episcopio; aprire le porte ai senza tetto; girare per le strade a piedi; spostarsi in cinquecento; evitare l’eccesso di formalismo curiale. È stato lui per primo a incarnare la «Chiesa del grembiule» chiamata a servire, distante dal formalismo dell’autorità. Oggi Papa Francesco non è da meno. Ha fatto la sua prima uscita tra i carcerati e si è inginocchiato davanti a loro indossando un grembiule al momento della lavanda dei piedi; ha proclamato una Chiesa povera e per i poveri; ha ordinato trasparenza alla IOR; è andato incontro ai naufraghi di Lampedusa; ha rifiutato la mozzetta con l’ermellino; ha continuato ad indossare la sua croce di ferro; ha preferito risiedere a Santa Marta piuttosto che nelle stanze del Palazzo Apostolico. Continua a spostarsi con una semplice utilitaria; a baciare i bambini; ad abbracciare i disabili; a mantenere i rapporti telefonici con le persone; a ridimensionare le pretese dei «curiali». Come don Tonino, Papa Bergoglio usa un linguaggio semplice che arriva al cuore della gente; cattura l’entusiasmo di chi l’ascolta; esce spesso fuori dagli schemi formali; sfida i teorici della «Chiesa Istituzione» cui sta a cuore più la carriera che il servizio. Sia per l’uno che per l’altro la Chiesa deve rispettare la originaria vocazione missionaria, andare incontro all’uomo, penetrare nelle periferie, farsi prossimo di chi soffre, offrire solidarietà. Come testimoni di una fede incarnata, entrambi esortano gli uomini di buona volontà a non «lasciarsi rubare la speranza» ed a lavorare per la costruzione di un mondo pacifico in cui non vi sia più spazio per il potere del denaro e delle armi, ma sia assicurata l’opzione privilegiata per la «convivialità delle differenze» e per il «dialogo sempre aperto».

Michele Giorgio