IN CAMMINO VERSO IL NATALE

Miei Cari,
nell’Avvento tutto si mescola, le nostre vicende personali e la vicenda storica dell’umanità e la vicenda cosmica del tutto. È tempo di attesa, perché la vita è un’attesa che poi finirà, è tempo di speranza. Dio ha fatto il suo dovere con l’uomo, fornendogli in 90 per cento della salvezza. L’uomo deve completare mettendoci il 10 per cento del suo. Nel brano del Vangelo di Marco Gesù dice: “State attenti, vigilate, perché non sapete quando sarà il momento preciso”. Quale momento? Ogni momento della nostra vita che Dio vuol riprenderci. È troppo evidente che noi siamo temporalmente provvisori e che, se non assimiliamo l’eterno vivendo di Dio, ci muoviamo nel provvisorio finché non arriverà la catastrofe della storia, quella strettamente personale o quella totale. Noi siamo, aggiunge Gesù, come una casa o come il portiere di questa casa di cui il padrone è Dio. Il padrone, partendo per un lungo viaggio, ha ordinato al portiere di vegliare. Stiamo vegliando noi? L’orologio, dice Gesù, vi serve per diversi appuntamenti: l’ora della levata, del lavoro, del desinare, del riposo. Ma l’ora di Dio nessun orologio del tempo è mai riuscita a suonarla. Buon Avvento a tutti.

Don Vincenzo

All’amato vescovo don Ginol’augurio affettuoso per ilSanto Natale


Ricorre quest’anno il X Anniversario della Incoronazione della statua dell’Immacolata che lo scultore leccese Carmelo Bruno realizzò per la nostra chiesa parrocchiale nel 1904. Ricorderemo l’avvenimento che vivemmo dieci anni or sono con l’imposizione della preziosa corona da parte del vescovo don Gino, attraverso particolari manifestazioni che si concluderanno con le solenni Quarantore nei giorni 5 - 6 - 7 dicembre. La sera della domenica 7, il nostro parroco col canto del Te Deum, celebrerà la S. Messa solenne nel ricordo del suo 45° anniversario di Sacerdozio.

Quando è nato... il “Natale”

Non è storicamente accertato che Gesù sia nato effettivamente il 25 dicembre. Anche nei Vangeli di Matteo e di Luca, che forniscono una descrizione di alcuni momenti legati alla Natività, non viene citato né il giorno, né il mese, e neppure l’anno della venuta del Figlio di Dio, anche se sappiamo che Gesù nacque quando regnava l’imperatore Cesare Augusto. È nel IV secolo che si diffonde la celebrazione della festa cristiana del Natale di Gesù il 25 dicembre. In merito a tale datazione, nel corso degli anni, sono state formulate diverse ipotesi. Alcuni studiosi ritengono che questa data venne scelta dalla Chiesa in contrapposizione alla festa pagana del Sole invitto voluta dall’imperatore Aureliano nel 275, festa da celebrarsi, per l’appunto, il 25 dicembre cioè quattro giorni dopo il solstizio d’inverno (che cade il 21 dicembre). Dopo tale data la luce (il Sole) rinasce e prende gradatamente il sopravvento sulle tenebre, le giornate si allungano fino al 21 giugno il giorno più lungo dell’anno (il solstizio d’estate). La Chiesa quindi, secondo l’opinione degli studiosi, per contrastare il perpetuarsi di tale festa pagana radicata nella tradizione popolare, decise di celebrare in quella medesima data il dies natalis Christi, la nascita di Gesù: «Luce del mondo», il vero «Sole di giustizia» che brillerà in eterno. Una fonte autorevole, il Cronografo (il più antico calendario della Chiesa di Roma) del 354, indica il 25 dicembre quale giorno per la celebrazione della festa della Natività, ma un altro documento romano‘ la‘ Depositio episcoporum (elenco liturgico contenuto nello stesso Cronografo) attesta che tale celebrazione era già presente nel 336 (sembra che inizialmente tale festa venisse celebrata soltanto nella Basilica di San Pietro). La scelta di questo giorno, comunque, fu sanzionata nel 354 da Papa Liberio.

Davanti al presepe: la meraviglia nasce dal cuore.

San Francesco, il poverello di Assisi , è stato il primo a ideare l’al- lestimento del Presepe per stupirsi e avere memoria viva del mistero dell’Incarnazione. Come non provare meraviglia e stupore davanti al Bambinello? Come non interessarsi alla Sua storia? Come non guardar- Lo con amore? Come non comprendere che la Sua nascita è “il dono dei doni’’, perché atto d’amore del Padre celeste per redimere così l’uomo dal peccato? Sant’Alfonso Maria de’ Liguori richiama il popolo di Dio all’adorazione del Bambinello con il cuore. Egli cantò£con lo stupore (che è proprio della tenerezza di un santo) le meraviglie apportate sulla terra da Gesù Bambino. II “Tu scendi dal/e stel/ e...” rappresenta non solo l’invocazione corale delle anime al Redentore , ma narra anche l’umiltà del Re dei re che si fa uomo e scende in una grotta al freddo e al gelo. È chiara la struggente tenerezza con cui Sant’Alfonso contempla il Bambino divino nella mangiatoia. II mistero del Verbo incarnato rende vere e reali tutte le nascite e ad ogni uomo promette e assicura la rinascita eterna. È la notte magica dell’universo che s’illumina, perché gli Angeli cantano il loro “Osanna” al Bimbo celeste. E gli umili pastori accorrono. catturati dalle arcane melodie. I pastori comprendono l’eccezionalità dell’evento. ne assapora- no la celestialità e si prostrano in adorazione davanti a Gesù Bambino. Essi, rappresentanti di un’umanità umile. buona e operosa, prontamente accorrono sul luogo della Divina Nascita. In ginocchio omaggiano il Bambino Redentore e s’inebriano delle soavi melodie degli Angeli e di Maria. È tempo che noi con il cuore puro. ci disponiamo a seguire l’esempio dei pastori: pronti a riconoscere e ad amare il Dio dell’amore che si è fatto Uomo/ Bimbo. La gioia di trovarsi davanti al Presepe deve costituire. per il cristiano che ha fede, un momento significativo per riconoscere i propri peccati e affidarsi alla misericordia di Dio. È necessario. perciò. avvicinarsi al Presepe con la fede semplice di un bambino e con un amore grande per Gesù. invocando l’aiuto dello Spirito Santo affinché illumini la mente e apra il cuore alla comprensione del Mistero divino. Intratteniamoci davanti alla grotta e meditiamo sulle circostanze in cui volle nascere Gesù. Egli scelse per Sé tutto ciò che c’era di più povero. umile e semplice. E Maria umile ed eccelsa fra tutte le creature diede alla luce il Figlio di Dio in una stalla lo avvolse in fasce lo depose nella mangiatoia. s’inginocchiò e lo adorò. Avvolgiamo anche noi il Bambinello con le fasce del nostro cuore. Stupiamoci dello stupore con cui Maria Lo guarda. Seguiamo la voce dell’amore e stringiamo al petto i poveri. essi sono figli del nostro stesso Padre. Riscaldiamo il Bambinello con concreti gesti di generosa solidarietà nella gioia della condivisione. Seguiamo la stella cometa della bontà sull’esempio dei magi.

VOCE DI UNO CHE GRIDA NEL DESERTO

La figura che biblicamente domina l’Avvento e che la Chiesa propone ai cristiani come modello di autentica umanità e come maestro di vita spirituale che ci prepara all’incontro con il Messia, è quella possente di Giovanni Battista. Il Vangelo di Marco, tralasciando il racconto dell’infanzia di Gesù, attacca direttamente dalla carismatica predicazione di Giovanni Battista, citando Isaia: “Ecco io mando il mio messaggero davanti a te; egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Questa voce che grida e non lacera, anzi accarezza l’udito, persuade, si fa armonia di suoni: “Preparate la strada del Signore”, mentre il Signore viene realmente, perché tu quella voce l’hai ascoltata. L’austerità nel vestire e nel sostentamento corrispondono all’essenzialità di persona della quale Giovanni identificava se stesso restando libero di realizzare pienamente la vocazione per la quale era nel mondo: egli era una voce. Molto spesso, le cose di cui noi usiamo si sovrappongono alla nostra personalità e la stravolgono, ci alienano, ci rendono difficile di realizzare il nostro impegno umano. È la deleteria conseguenza del lusso e del consumismo, quando l’uomo non si considera per quello che è ma per quello che ha. Saremmo più ricchi, se fossimo più poveri, perché qui vicini a Dio, più vicini a noi stessi e agli altri, più vicini all’essenziale, che può essere apparentemente modesto, ma sempre ricchissimo. Se il vero destino di ogni uomo è di essere voce gridante nel deserto di preparare la strada del Signore, allora, per ognuno, può essere vero quello che afferma Kierkegaard: «Anche se tu fossi una povera donnetta, se stai al tuo posto, la tua voce è più potente che quella di mille profeti».

V.P.

IL SANTO NATALE: RIFLETTIAMO

Forse ci abbiamo fatto il callo a festeggiare il Santo Natale. Forse ci è venuto finanche a noia. E quanti di noi soffrono di questa autentica peste della noia, del non senso esistenziale, così da cogliere la palla al balzo per fare del Natale un’occasione mondana per cenoni e viaggi all’estero – come per San Valentino o Halloween (festa pagana) - e non un avvenimento di eccezionale rilievo spirituale per tutta l’umanità! Forse soltanto i bambini sfuggono a questo vizio e avvertono in pienezza la bellezza e la fecondità del Natale. Essi lo vivono in pienezza di gioia, nell’ansiosa attesa dei regali, della cena in famiglia con nonni e zii e parenti, ammesso che ci siano ancora famiglie unite, non spaccate da contasti e dissidi. Difatti è invalso l’uso comune di affermare che il Natale è una festa per i bambini e non per gli adulti, come se essi non possano più gioire. Per molti, anzi, l’arrivo del periodo natalizio segna l’arrivo della tristezza, proprio perché si è perduta l’innocenza e ci si è lasciati prendere la mano, anno dopo anno, dall’andazzo della cronaca quotidiana, infarcita di nero, di cinismo e di morte nelle sue varie accezioni e manifestazioni. Così il Natale, che è festa di vita, si trasforma in una stanca parodia della festa. Gli stessi riti natalizi sono stanche ripetizioni di frasi fatte? Talvolta si ha questa impressione. Fa fatica ad emergere il dato essenziale: la nascita del Redentore, che ripropone il tema della nascita, della rinascita a nuova vita e della festa interiore. Il cuore di cosa ha bisogno? Di cose? O necessita di parole di vita eterna, di lemmi di gioia, di una voce che ci dica che il mondo è uscito dal pensiero di Dio e che ha un senso, e noi con esso? Credo che abbiamo bisogno di essere rassicurati, di riappropriarci del senso autentico della vita che il Natale ci ripropone. La nascita di Gesù non è una favola. È un avvenimento che interpella ogni essere umano e che ci apre alla speranza senza fine, non ad un aborto di essa. Dio si fa uomo affinché l’uomo si elevi a Lui, ne diventi figlio, coerede del regno. I primi ad accorrere furono alcuni pastori, gente di scarto, emarginata. Poi vi giunsero i re magi, i quali non godevano di buona reputazione. Dio, quindi, si manifesta a coloro che noi, oggi, eviteremmo di incontrare, cioè a tutte le persone emarginate, che si tratti di poveri, di malati, di anziani, di disoccupati. Gesù accoglie tutta la gente di scarto, la chiama a sé, mentre rifiuta di manifestarsi ai sapienti del mondo, ai re, ai potenti. Perché Dio ama gli umili, e quelli umili non lo sono, amando chi il denaro, chi il potere, chi la propria scienza. Dunque, qual è il messaggio del Santo Natale? Che l’amore per gli ultimi ci innalza a Lui, mentre l’odio o l’indifferenza ci separano da Lui. Se amiamo gli ultimi, torniamo a rivivere, e sperimentiamo già qui ed ora la pace del regno di Dio.

Salvatore Bernocco


Nel tempo e nello spazio di Dio

Col pellegrinaggio parrocchiale a Pompei demmo inizio al mese di novembre. Lì celebrammo l’Eucarestia e ci incontrammo con l’Arcivescovo monsignor Caputo. Ci ritrovammo poi in parrocchia per la commemorazione dei defunti per i quali poi, con la comunità confraternale di S. Rocco fu celebrata al cimitero la S. Messa. Ripresero le attività catechistiche per ragazzi, genitori e adulti il cui numero di componenti quest’anno, è aumentato. Il parroco fu ad Assisi per gli Esercizi Spirituali, mentre ci fu il regolare funzionamento del centro ascolto Caritas ogni lunedì. La catechesi riprese il suo ritmo normale con l’incontro previo con i genitori che si cercò ulteriormente di responsabilizzare. Anche la messa delle 10,00 ogni domenica riprese il suo ordinario ritmo con la revisione del repertorio dei canti col maestro Rino Campanale. Ci preparammo poi a festeggiare il Titolare della nostra parrocchia, Cristo Re, vivendo momenti di adorazione e l’atto di Consacrazione, come previsto dalle rubriche. Proseguirono poi le catechesi neocatecumenali fino a quando (dicembre) si potrà avere l’aggregazione di nuovi fratelli nella comunità. Intanto fu ricordata S. Caterina il giorno 25 dal momento della chiusura al culto della chiesetta omonima da parte dl vescovo Garzìa. Il parroco poi ci introdusse nel tempo di Avvento con relazioni nel Vangelo di Marco, mentre i giovani hanno dato inizio al grande presepe che sarà realizzato sotto il porticato della nostra chiesa parrocchiale. Il Gruppo Eucaristico Parrocchiale animò l’adorazione del primo giovedì, mentre il Volontariato Vincenziano ebbe i suoi periodici incontri formativi e di programmazione. Puntuale anche l’incontro e la catechesi per le Associate alla Madonna del Buon Consiglio.

LETTERA DI PAPA FRANCESCO AI VESCOVI RIUNITI IN ASSISI

UNA OCCASIONE PER RIFLETTERE SULLA FORMAZIONE PERMANENTE DEI SACERDOTI

Questa mia riflessione, che chiude il 2014, si ispira ai contenuti della lettera che il Santo Padre ha inviato ai Vescovi riuniti ad Assisi, dal 10 al 13 novembre, per discutere sul tema della vita e della formazione permanente dei presbiteri. Essa, inoltre, cade in una felice coincidenza, l’ordinazione sacerdotale di Papa Francesco, avvenuta il 13 dicembre 1969, e quella del nostro parroco, don Vincenzo, il quale fu ordinato sacerdote il 7 dicembre dello stesso anno. Ad entrambi vanno i fervidi auguri della nostra comunità. Qualcuno potrebbe obiettare: è un argomento che ci riguarda molto relativamente. In realtà così non è, per la semplice ragione che il sacerdote è guida e pastore del gregge che gli è stato affidato, e noi, in quanto battezzati, ne facciamo parte. La formazione e la vita dei nostri sacerdoti, quindi, non possono esserci estranee, giacché da esse dipendono la crescita di una comunità di persone che si riuniscono nel nome del Signore e che camminano insieme ai loro pastori sulla via che conduce al Regno di Dio, che è già presente ed operante in mezzo a noi tutte le volte che agiamo conformemente al messaggio evangelico. Su questo punto non posso non ricordare quanto il Papa ha detto a proposito dei sacerdoti, che si rendono estranei alle loro comunità in due casi: quando idolatrano il dio denaro e quando maltrattano le persone. Tuttavia, se questo è vero, è altrettanto vero che la testimonianza deve essere data anche da ogni battezzato che, in virtù del battesimo, è re, sacerdote e profeta. E se è anche sacerdote, è in qualche modo obbligato a fare il bene e ad evitare di compiere il male, cercando di essere a sua volta di esempio alle sue guide. In altre parole, la responsabilità della Chiesa incombe su tutti, non soltanto sui sacerdoti, i quali però hanno un surplus di responsabilità etica e morale. Ci sono stati episodi molto gravi che hanno scosso il popolo dei fedeli. Essi, in qualche modo e misura, incidono sul sentimento popolare nei riguardi della Chiesa che, da arca della Parola di Dio, si è talvolta scoperta miserevole, luogo di tenebra e di immoralità, a causa del comportamento disdicevole di alcuni religiosi. Speriamo caldamente che simili atti non abbiano più a ripetersi. Per tornare alla lettera del Santo Padre, mi ha colpito questa affermazione: «Del resto, fratelli, voi sapete che non servono preti clericali il cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né preti funzionari che, mentre svolgono un ruolo, cercano lontano da Lui la propria consolazione». Il Papa introduce due categorie, quella dei preti clericali e quella dei preti funzionari.
Chi è il prete clericale? In generale, il termine clericale indica «i sostenitori di una partecipazione determinante del clero e del laicato cattolico alla vita politica e al governo dello Stato, con un programma ispirato ai principî e alle esigenze dell’autorità ecclesiastica» (Treccani). Ma in questo caso il significato muta, e direi che l’espressione voglia indicare quella parte del clero che è fondamentalista ed intollerante, che appunto non è aperta al dialogo e bolla severamente tutti gli altri, escludendoli. Si tratta di coloro la cui religione è infarcita di moralismo e culto delle apparenze, di riti e salamelecchi, non di fede cristiana. Chi è invece il prete funzionario? Direi che è un mero amministratore dei sacramenti, cioè un sacerdote che vive la sua missione come un lavoro e che, pertanto, non cerca la sua consolazione nella fede, ma in altre cose, attività, esperienze mondane, come se non vestisse l’abito talare. Terminato il lavoro, si dà ad altro, semmai abbandonando la chiesa o la parrocchia, rifiutandosi di accogliere le persone che vorrebbero parlargli. Costui è incapace di ascolto e di misericordia e non serve la Chiesa né serve alla Chiesa. Papa Francesco torna spesso sulle succitate questioni che sono di importanza centrale. Perché fondamentali sono l’esempio, la testimonianza coerente, la pratica della carità e dell’accoglienza, la fedeltà al Vangelo, senza cui la Chiesa di Dio sarebbe una mera agenzia educativa, un circolo filantropico come tanti altri, e la resurrezione e la vita eterna oppio dei popoli.

Salvatore Bernocco