GIUGNO: IN QUESTO MESE EUCARISTICO...

Miei Cari,
pensando alla solennità del Corpo e del Sangue del Signore, che rende eucaristico tutto il mese di giugno, il mio sguardo si posa sulla magnifica vetrata istoriata dell’abside della nostra chiesa parrocchiale e che raffigura la Cena di Emmaus. Mi lascio volentieri guidare da alcuni Amici per contemplare la divina Carità che per me, che sono un NIENTE che grida sulla soglia della taverna di Emmaus, si fa cibo e bevanda. La taverna diviene la nostra chiesa parrocchiale: il servo, l’amico. Nel cenacolo di Gerusalemme, come nella taverna di Emmaus, Cristo si fa L’EGUALE: la comunione comincia con una dichiarazione d’uguaglianza (D. Mazzolari). L’altare, sia a Gerusalemme che in Emmaus è una mensa, nè va dimenticato che il problema dell’ultima Cena è il problema della vita di Gesù (Schweitzer). Da un angolo della taverna di Emmaus guardiamo al MISTERO che si compie nelle mani del divino Viandante. Oggi il senso del mistero va affievolendosi in modo preoccupante; l’uomo di oggi non lo esclude di proposito, nè lo nega brutalmente: non se ne occupa, non lo sente. L’Eucarestia è il momento più effìcace di questa educazione al mistero che ci circonda e ci preme. Contro tutte le apparenze, sfidando tutti i sensi che vengono meno, ecco il Cristo in un po’ di Pane: l’INCREATO in una briciola di materia creata; l’INVISIBILE, in un attimo di visibile; l’ETERNO, in qualcosa che appartiene al tempo. Questa BRICIOLA DI PANE diventa un mondo. C’è qualcosa di eucaristico in ogni creatura, e chi scorge, con la fede, la presenza nel pane, finisce per scoprire che tutto è mistero. Il mistero di Emmaus e di tutti i giorni è la NOVITÀ di oggi e di ogni giorno; un riaffacciarsi dell’effimero sull’eterno, del mortale sull’immortale, la primavera divina sull’inverno del tempo. Quando alzo il Pane, esalto la carità di Dio e la fatica dell’uomo. L’uomo s’è incontrato con Te o Signore, nel pane, ancor prima che tu lo rendessi per noi Pane di vita. Nella Cena pasquale, Gesù istituendo l’Eucarestia, istituisce la Chiesa: non a caso Egli sceglie il banchetto come quadro del suo dono e la missione che egli affida è compendiata nelle sue parole: «Fate questo in memoria di me». La Chiesa dovrà celebrare nella storia il memoriale del suo Signore: in ciò consiste radicalmente il mandato che Egli le ha affidato (B. Forte). È necessario quindi che una Comunità, come la nostra, si disponga alla celebrazione del memoriale rivivendo i gesti e le scelte di Gesù nell’ultima Cena. Egli anzitutto banchetta con i suoi. Questo fatto crea fra lui e i convitati un profondo legame di fraternità. Per cui ne consegue che per celebrare la memoria del Cristo che si fa nostro cibo, si esige la comunione con Lui e con i fratelli: non si dà memoriale nella vita, senza questa comunione. Il pane eucaristico è un pane di comunione che ci riconcilia. Se di ciò saremo convinti non avvertiremo più la stanchezza. Ci sarà la notte ma non ci farà più paura. L’invito di poco prima: «Resta con noi perché si fa sera» non avrà più senso, perché avremo visto il Signore. E chi ha visto il Cristo lo riconoscerà in ogni creatura e in ogni avvenimento: chi ha visto l’IMMOLATO ripetere il suo dono sul tavolo di una taverna, sa che da tale offerta consumata ogni mattina sull’altare del proprio cuore, spunterà un nuovo giorno. È il mio auspicio!

don Vincenzo




Vivere l’Apostolato Era il mese di maggio 1966 quando iniziai a seguire i ragazzi in parrocchia durante la celebrazione Eucaristica. Il parroco Don Michele Montaruli mi chiamò per iniziare il cammino di educatrice con i ragazzi di scuola media e risposi che dovevo pensarci. Il 10 Maggio diedi la mia adesione e iniziai il mio cammino di Apostolato nella parrocchia del SS. Redentore. Così, passo dopo passo, ho acquistato una maggiore consapevolezza e responsabilità quotidiane nel vivere con coerenza il Vangelo. Il 10 Maggio 2016 ho ricordato il 50° anno di Apostolato che ho cercato di svolgere sempre sotto la guida dello Spirito Santo. Ringrazio il parroco Don Vincenzo e tutti gli amici che hanno condiviso con me questo cammino per amore a Cristo.
 Anna Tremadio

Il Cuore di Gesù: oceano colmo di tesori

Nella prima metà del 1600 fu pubblicato un libro di un teologo olandese, Cornelius Otto Jansen (italianizzato in Giansenio), dal titolo Augustinus. Fu condannato dall ‘autorità ecclesiastica, ma conobbe una notevole diffusione soprattutto nelle élite intellettuali e religiose, dando origine a una corrente di pensiero chiamato “giansenismo”. Esso provocava una spiritualità pessimista, fatta soprattutto di timore, fredda. Si diffuse soprattutto in Francia, ma anche in Lombardia e in Toscana. Secondo Giansenio dopo il peccato originale l’uomo non può che fare il male. Solo la grazia può abilitare (sarebbe meglio dire: costringere) l’uomo a compiere il bene. Ma la grazia non è data a tutti, ma solo a una minoranza di predestinati. Per la maggioranza dell’umanità non può esservi altro che un destino di condanna. Una umile (e anche sofferente e spesso umiliata) suora francese, santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), nel convento parigino della Visitazione a Paray- le-Monial, chiamata da Gesù e su sua indicazione, riuscì a diffondere la devozione al Sacro Cuore di Gesù. Una devozione che sottolineava l’amore del Signore verso tutti, la fiducia nella sua infinita misericordia, la dolcezza della piena confidenza in lui. Santa Margherita Maria lasciò scritto: «Il Cuore Divino è un oceano pieno di tesori d’ogni genere, lì le anime povere possono gettare ogni richiesta; è un oceano pieno di gioia dove far annegare tutta la nostra tristezza; un oceano di umiltà dove far annegare la nostra follia; un oceano di misericordia per quelli che sono nell’angoscia; un oceano d’amore in cui immergere la nostra povertà». Come si può constatare, una spiritualità ben diversa da quella giansenista, fiduciosa, rasserenante, colma di gratitudine e di speranza, che metteva al centro l’unione d’amore con Gesù. Santa Margherita diede anche una forma alla devozione al Cuor di Gesù: suggeriva di accostarsi alla Comunione eucaristica ogni primo venerdì del mese per nove venerdì di seguito, assicurando i devoti che in tal modo si sarebbero certamente salvati. Nell’impostazione giansenista la Comunione eucaristica era rara e circondata da molto timore. Suggeriva anche di dedicare ogni giovedì un’ora a meditare con quanto amore Gesù ci ha amati, ricordando la sua agonia al Getsemani. Suggerì infine che il venerdì successivo al Corpus Domini fosse festa del Sacro Cuore per tutta la Chiesa, il che avvenne nel 1765. In tal modo questa dolce devozione dell’amore conobbe una diffusione universale. San Giovanni Eudes (1601-1680), un sacerdote normanno pieno di zelo e di carità, anch’egli devoto del Sacro Cuore di Gesù, ha il merito di aver diffuso la devozione al Cuore Immacolato di Maria, diventata con Pio XII festa devozionale di tutta la Chiesa, da celebrare il giorno dopo la festa del Sacro Cuore. Il Santo, infatti, ha sempre tenute unite le due devozioni, spiegando che per nove mesi il Cuore di Gesù aveva pulsato accanto al Cuore di Maria e che ai piedi della croce Maria aveva condiviso l’amore sofferente del Figlio per la nostra salvezza. La devozione al Cuore di Gesù attira l’attenzione sulla sua vera e concreta umanità in tutto simile alla nostra eccetto che nel peccato, e ne sottolinea, come abbiamo detto, l’amore, reso visibile dal colpo di lancia che lo ha trafitto sulla croce: trafittura che rimane aperta anche nel corpo del Signore Risorto. E da quella ferita d’amore che esce verso di noi il dono dello Spirito Santo. La devozione al Cuore di Maria introduce una nota di tenerezza materna nel nostro modo di vivere la fede e, in fin dei conti, anche nel nostro modo di concepire Dio che, come ha insegnato Giovanni Paolo I: «E papà; più ancora è madre» (Angelus del 10 settembre 1978)

 d.C.B.


La scomparsa del Cardinale Capovilla. Una pagina bellissima.

Così Mons. Capovilla alla nostra Comunità

Caro fratello e amico don Vincenzo. C’è sempre il “giorno dopo” per la riflessione su ciò che ha illuminato la mente e toccato il cuore. Giovedì 1 novembre, sulla via del rientro da Ruvo a Sotto il Monte, ho “riletto” la rapida visita al Duomo e l’incontro con la Comunità del SS.mo Redentore. La mattina del 29 ottobre mi sono come smarrito tra le pietre venerande del Duomo Ipogeo, dove con la piccola ombra della mia persona ho toccato le reliquie di secoli lontani, rimanendone intimidito e commosso. Il mio animo vibra tuttora di esultanza e avverte il divampare della mia fede alimentata dalla forza, dalla bellezza, dall’armonia risalenti a noi da secoli remoti. Non avessi, poi, celebrato al SS.mo Redentore, non mi avesse accolto l’abbraccio della tua Comunità, io mi sarei sentito come schiacciato, e niente altro avrei desiderato, se non di custodire nel silenzio il rimprovero che sale da quelle profondità, a motivo delle profanazioni che abbiamo perpetrato, nella disattenzione e disaffezione che timbrano i nostri passi di creature, soffocate dagli idoli della tecnica fine a se stessa e della paccottiglia dilagante. Buon per me che “sopra terra” ho trovato la Comunità che “sa ascoltare Dio, parlare a Dio, parlare di Dio”: comunità composita e vivace, che si specchia nei documenti del Concilio Vaticano II.
La Parrocchia del SS.mo Redentore, ubicata al centro di Ruvo, vuol essere modello di fedeltà e di rinnovamento, offrendosi non tanto all’applauso quanto al servizio, non al suono di vuoti propositi, bensì alla testimonianza di fede, di devozione, di solidarietà. La peregrinazione, che i tuoi Parrocchiani vorranno ripetere con una certa frequenza, al loro Duomo, costruito con le pietre e il credo degli Apostoli, disporrà le odierne generazioni ad emulare “i pellegrini dell’Assoluto”, che in ogni secolo hanno fatto fiorire i deserti, aperto un varco alla civiltà, cantato l’Amore, promosso l’avvento di un “ordine nuovo” fondato sulla verità, costruito secondo giustizia, animato dalla carità, posto in atto nella libertà (“Pacem in terris”). Ecco un pensiero, così come mi sale dalle profondità dell’anima.

+Loris Francesco Capovilla



IL BALLOTTAGGIO A RUVO: CHIECO O PAPARELLA?

L’esito delle amministrative di domenica 5 giugno non è stato definitivo, nessuno dei candidati in lizza per la carica di sindaco ha raggiunto il 50% più uno dei voti validamente espressi, come del resto era ampiamente prevedibile visto il numero abnorme di candidati sindaco (otto). Si tornerà quindi il 19 giugno prossimo al ballottaggio fra i due maggiori suffragati, l’avv. Ninni Chieco (4.937 voti pari al 34,67%) e il rag. Antonello Paparella (4.037 voti pari al 28,35%). Terza classificata l’avv. Mariatiziana Rutigliani, che ha conseguito 1.804 voti. Un altro dato interessante e preoccupante è dato dall’astensionismo: ben 7.000 ruvesi non si sono recati ai seggi, manifestando la loro distanza dai partiti e dalla miriade di liste civiche(piene di “riempitivi”) che, a mio avviso, rappresentano il fallimento dei partiti tradizionali nonché l’emersione di un esasperato individualismo. È evidente che c’è un’accentuata sfiducia nella capacità dei politici ruvesi di rilanciare una comunità che da diversi anni è in coma vigile, alle prese con un debito pubblico di vaste dimensioni e con un apparato amministrativo quasi fermo a causa delle indagini della magistratura. Ora si apre il secondo tempo di una partita a scacchi. Il ballottaggio, di solito, fa storia a sé. Quanto si è verificato al primo turno potrebbe essere capovolto, a condizione che il centrodestra si ricompatti in modo serio ed affidabile intorno ad Antonello Paparella. Ciò comporta un lavoro di cesello che non so se si sarà nelle condizioni di poter concludere positivamente. Se ciò non dovesse accadere per il prevalere di antagonismi vecchi e nuovi, ci ritroveremo con un’amministrazione di centrosinistra e con un Consiglio Comunale del quale faranno parte persone di tutto rispetto, ma provenienti dal passato, da un passato piuttosto burrascoso e segnato da profonde fratture. Il limite del centrodestra locale resta quello di non aver saputo trovare la cosiddetta quadratura del cerchio ab origine, laddove il limite del centrosinistra consiste nel l’aver dovuto ricorrere a nomi che avevano preso le distanze dalla politica. Se osserviamo bene gli scenari futuri, potremmo concludere che l’auspicato rinnovamento della classe politica non c’è stato o è stato assai marginale. Se questo sia un bene per la nostra comunità, non spetta a me dirlo, saranno i fatti a parlare in modo eloquente. Comunque si concludano queste amministrative, il mio auspicio è che si possa tornare ad una condizione di normalità, perché il paese ha bisogno di essere amministrato con oculatezza e senza scossoni, con lungimiranza e maggiore competenza e capacità decisionali. Per raggiungere questo obiettivo è necessario che il nuovo sindaco si circondi di assessori esperti e che conoscano bene le problematiche locali. Non credo che Ruvo sia sprovvista di uomini e donne privi di conoscenza, di intelligenza, di capacità amministrative. L’idea secondo cui gli amministratori debbano essere “esterni”, cioè estranei al territorio, non mi appassiona molto. Sarebbe la cartina di tornasole che, in realtà, si nutre particolare sfiducia nelle possibilità dei ruvesi di governare il proprio territorio. Suonerebbe, inoltre, come una sorta di “commissariamento” nonché la sconfessione dell’operato di tutti gli assessori uscenti. Tuttavia, formuliamo sin da ora i nostri sinceri auguri a coloro che rappresenteranno la comunità ruvese nei prossimi cinque anni, chiedendo loro di mettere ai primi posti dell’agenda di governo i bisogni degli emarginati, di chi ha bisogno di assistenza e cura. Salvatore Bernocco

IL DIACONO: “NON GIOCHI A SCIMMIOTTARE IL PRETE”

Se ne è discusso e si continua a discutere del diaconato alle donne. Ma cosa significa il termine in questione? Nel Cristianesimo primitivo il diacono (dal greco διάκονος- diákonos, ovvero servitore) assolveva a un servizio amministrativo e assistenziale ed era subordinato al vescovo. Nel Nuovo Testamento si trovano almeno due citazioni (Lettera ai Filippesi 1:1; 1 Timoteo 3:8,12) dove si parla dei diaconi, connessi al vescovo. Il diacono, quindi, è un servitore della Chiesa. Di donne che servono la Chiesa, affiancando i parroci nel loro servizio ministeriale, ce ne sono tante, talune validissime talaltre un po’ meno, tant’è che lo stesso papa Francesco ha detto che «troppe donne consacrate sono “donnette” piuttosto che persone coinvolte nel ministero del servizio». Ma c’è di più. Il Papa si è rivolto anche ai diaconi in questi termini:«Il diacono non giochi a scimmiottare il prete, sia mite: nella mitezza, matura la vocazione di ministri della carità”. Ai diaconi rivolge inoltre l’esortazione ad essere «disponibili nella vita, miti di cuore e in costante dialogo con Gesù, non avrete paura di essere servitori di Cristo, di incontrare e accarezzare la carne del Signore nei poveri di oggi». Non saprei affermare se vi sia un fondamento teologico su cui fondare il diaconato femminile o addirittura il sacerdozio femminile, come avviene in talune chiese protestanti. Se andiamo ad alcuni passi evangelici, riscontriamo, ad esempio, la presenza della Madonna in occasione della discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli riuniti nel cenacolo e ai piedi della croce, Marta e Maria che accudiscono il Signore, ma Gesù ha fondato la sua chiesa sugli Apostoli e ha detto a Pietro: «E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»(Mt 16, 18-19). Mi sembra di poter concludere che il sacerdozio non possa che essere prettamente maschile, mentre alle donne, che non per questo sono inferiori all’uomo, il Signore ha affidato l’importante compito di lavorare nella Chiesa come testimoni, e, al pari dell’uomo, servitrici del Signore. Penso che non occorrano signore o signorine che facciano da contorno al vescovo o al sacerdote, ma donne che collaborino attivamente, nella catechesi e nelle varie attività parrocchiali, alle attività di formazione e di orientamento delle coscienze. È un ruolo di grande significato e valenza che preclude la critica di maschilismo rivolta alla Chiesa cattolica. Del resto, quante sante essa annovera, alcune delle quali sono persino dottori della Chiesa! Credo vi siano questioni più pressanti cui porre mano, come, ad esempio, il fenomeno deplorevole della pedofilia, rispetto al quale il Papa ha assunto drastiche decisioni, oppure la questione della povertà dei sacerdoti, invitati dal Papa ad uno stile di vita sobrio: «Il nostro popolo perdona molti difetti ai preti, salvo quello di essere attaccati al denaro. E non è tanto per la ricchezza in sé, ma perché il denaro ci fa perdere la ricchezza della misericordia. Il nostro popolo riconosce ‘a fiuto’ quali peccati sono gravi per il pastore, quali uccidono il suo ministero perché lo fanno diventare un funzionario, o peggio un mercenario». Ciò vuol dire che anche il popolo di Dio deve convertirsi ad uno stile di vita più sobrio e misericordioso, perché la Chiesa non appartiene soltanto al clero ma anche ai laici battezzati, i quali sono anch’essi chiamati a testimoniare l’amore di Dio e la carità verso ogni persona umana.

 S.B


Nel tempo e nello spazio di Dio

Anche maggio è stato un mese intenso per la preparazione immediata ai sacramenti della riconciliazione e della prima Comunione. Gli incontri con i genitori e le giornate di spiritualità per essi e i fanciulli interessati hanno avuto la priorità in ogni senso. Buona la partecipazione al mese di maggio alla Madonna e la recita del rosario alle 20,30, animata dal Gruppo Famiglia parrocchiale. Inoltre si sono tenuti gli incontri per il Volontariato Vincenziano e il Gruppo Caritas parrocchiale. Come avviene ogni anno, notevole è stata la partecipazione al novenario di S. Rita e la festa della Santa il giorno 22. A tutti i partecipanti all’Eucarestia che ha visto gremita la nostra chiesa sono state distribuite le rose benedette portate poi agli ammalati; è seguito poi il bacio della Reliquia gelosamente conservata da noi. L’adorazione del primo Giovedì a cura del Gruppo Eucaristico e quella del 22 sono stati momenti di conforto, di confronto e verifica d parte degli aderenti a tali associazioni. Il giorno 29 tutti abbiamo accolto e festeggiato il gruppo dei bimbi che hanno ricevuto la prima Comunione; la celebrazione sobria, solenne e peculiare nel contempo ha pienamente soddisfatto sotto ogni profilo le famiglie e i parenti dei fanciulli. Mentre va avviandosi la conclusione dell’anno catechistico, ci si sta organizzando per come far trascorrere insieme il periodo estivo ai nostri ragazzi. Il Gruppo Famiglia si è già adoperato a vivere l’esperienza familiare presso Villa Pasqualina a Iazzo de Cesare. Una chiusura solenne del Mese Mariano non si è data, come ogni anno, per il frastuono causato dalla campagna elettorale in piazza. Il parroco ha preso parte poi a Roma con il vescovo e trenta presbiteri al Giubileo dei sacerdoti che si è vissuto nella capitale.

 Luca